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Castello di Roccascalegna

Castello di Roccascalegna

Il Castello di 𝗥𝗼𝗰𝗰𝗮𝘀𝗰𝗮𝗹𝗲𝗴𝗻𝗮 apre la nostra rubrica #magiadabruzzo. ❤

Il nome del Castello di Roccascalegna, avvolto nell’incertezza, deriva probabilmente dal termine “scalengia”, traducibile col significato di dirupo, burrone. Oppure da “scala lignea”, che secondo le fonti conduceva a chiocciola alla sommità della torre.

Non sapremo mai la giusta derivazione del vocabolo. Tuttavia siamo ben certi che venne fatta costruire dal popolo longobardo per contrastare l’avanzata dei Bizantini.

I longobardi, architetti dalla “penna” buona e strateghi militari dei tempi oscuri, avevano intuito la funzione che questo baluardo avrebbe svolto per molti secoli ancora.

Longobardi, benedettini, normanni, svevi, aragonesi ed angioini volevano beneficiare del riparo sicuro di un luogo appartato, per le truppe e per i momenti vulnerabili del ristoro.

L’efficienza militare della costruzione sarebbe stata perfezionata tra il XV e il XVI secolo, all’epoca dei duri scontri tra le parti Angioine ed Aragonesi.

Il Castello, nel dar riparo alle truppe armate, conosce le vicende dell’Italia post-unitaria come sede della guardia nazionale contro le gesta leggendarie del brigantaggio dei Cannone e dei Di Sciascio.

Saggio ed esperto nell’arte della guerra, l’avamposto cederà le fondamenta non armate in un fragoroso crollo di una notte del 1940.

La bellissima torre, simbolo del paese, venne ricostruita ultimamente, dopo i crolli del 1940.

La leggenda del Castello di Roccascalegna

Un luogo misterioso caratterizzato tra gelosie e passioni, infatti una leggenda aleggia sul Castello di Roccascalegna ambientata al 600, che vide come protagonista il signorotto del paese e una coppia di neosposi.

Il signorotto del paese, al tempo il barone Corvo de Corvis, aveva ripristinato una norma in voga nel medioevo denominata “Jus primae noctis”.

Essa prevedeva che la prima notte di nozze di una neo coppia di sposi, la donna era costretta a concedersi al signorotto del paese, senza opporre resistenze.

Un marito, geloso, si travestì da donna. Entrò nella torre del barone e sferrò delle coltellate. Ferì a morte il barone de Corvis, che si accasciò ai bordi della finestra e poggiò la sua mano sulla roccia.

L’impronta insanguinata rimase per molto tempo. Venne lavata più volte ma continuando ancora a rimanere li. In paese i più anziani ricordano ancora la vicenda, confermando di aver visto l’impronta prima del crollo del 1940.

La rocca

Protagonista del luogo è la sua rocca. Edificata nel medioevo, venne per la prima volta citata intorno al rinascimento, per dei lavori di restauro. Fu abbandonata per molti secoli sino ai recentissimi lavori di restauro del 1985. Oggi rappresenta una meta culturale per tutti coloro che si inoltrano nell’Abruzzo.

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